Samuel Taylor Coleridge

Ugo Gervasoni – Le voci dei maestri

Samuel Taylor Coleridge

Coleridge

(1772 – 1834)

Samuel Taylor Coleridge amava percorrere lunghe distanze a piedi. La sua prima epica escursione avvenne nel giugno 1794: il poeta, insieme con il giovane compagno di studi Joseph Hucks, partì da Cambridge, sostò a Oxford per salutare un caro amico; raggiunse Balliol ove incontrò Robert Southey con cui in seguito cercò di dare sostanza al sogno utopistico di fondare una colonia di liberi spiriti in America, sulle rive del fiume Susquehanna in Pennsylvania, dal sibillino nome Pantisocrazia; si diresse poi a Gloucester e Anglesey e vagò tra le alture selvagge del Galles, per ritornare infine, seguendo la costa, a Bristol. Fu un viaggio di più di 500 miglia in poco più di un mese. Forse queste spedizioni non sono più popolari tra i giovani del nostro tempo, cresciuti tra i vantaggi di molteplici mezzi di trasporto; alla fine del secolo diciottesimo, invece, gli studenti universitari amavano vestirsi da viandanti con zaino e bastone per esplorare il mondo, scalando colline, nuotando nei fiumi e nei laghi, studiando il cielo stellato di notte, sentendosi parte della natura. Camminare negli spazi aperti, riempire la giornata al ritmo del proprio passo, è molto più, invero, che una delle tante modalità di moto permesse all’uomo: oltre a svelare all’occhio incantato angoli e spettacoli che sfuggono se si percorrono velocemente in auto o in motocicletta o in treno o in torpedone gli stessi luoghi (una farfalla delicatissima posata su un fiore, quasi ad arricchire con il colore delle sue ali le sfumature dei petali; l’improvviso sbucare dall’erba alta di una volpe dal rosso manto acceso, intenta a cogliere il sentore di una traccia; il falco alto levato che lento ruota e ruota e d’improvviso si tuffa verso la preda a noi invisibile), il procedere regolare del nostro corpo influenza il sorgere dei nostri pensieri, donando all’operare della nostra mente ordine e chiarezza: il susseguirsi disordinato e irrelato di immagini e parole, può divenire gradualmente armonia compositiva.

Così accadde a Coleridge, allorché nel corso di una prolungata escursione autunnale, nel 1797, lungo la costa del canale di Bristol in compagnia di William e Dorothy Wordsworth, compose gran parte della sua poesia più famosa Il Canto dell’Antico Navicante.

L’escursione iniziò alle quattro del pomeriggio, nell’ora in cui la luce del sole lentamente cedeva a quella della luna sul mare, e durò diversi giorni. La cadenza dell’andatura, unita alla magia delle luci e degli spettacoli naturali che si offrivano alla vista, favorì la concentrazione, e nella mente di Coleridge nacquero i versi che da allora affascinano ogni lettore:

It is an ancyent Marinere,                                        E’ un antico Navicante,

And he stoppeth one of three                                   E sol uno ferma di tre:

By thy long grey beard and thy                             ‘Per le tue gote lanose e

           glittering eye                                                    l’occhio scintillante

‘Now where fore stoppest me?                               ‘Dimmi a qual fine fermi me?

The Bridegroom’doors are open’d wide                 ‘Spalancata è la porta dello Sposo

‘And I am next of kin;                                             ‘E fratello quasi io sono;

The Guests are met, the Feast                                ‘Giunti son tutti, pronta

              is set, –                                                                 è la Festa,

‘May’st hear the merry din.                                  ‘ Ecco puoi udire il dolce suono.

But still he holds the wedding-guest –                    Ma impedito è il convitato –

There was a Ship, quoth he –                                  Fu una Nave, cominciò a parlare –

coleridge canto

             (illustrazione di U. G.)

l Canto dell’Antico Navicante non è solo un seducente racconto di avventure che si snodano tra il mondo naturale e il mondo sovrannaturale, e non è neppure soltanto un curioso apologo che indica una modalità di vita più nobile di quelle che ordinariamente ci circondano e ci inghiottono. La poesia è, come molte altre di Coleridge, insieme canto e meditazione filosofica, perché Coleridge sentiva che il poeta è l’uomo votato a risolvere l’enigma dell’universo, come si espresse nel corso della sua Lezione sulla poesia il 12 dicembre 1811.

Vocazione ambiziosa, ma l’Antico Navicante non si stanca di ripetere che è possibile cambiare la propria vita, perseguire, dantescamente, “virtute e canoscenza”, senza lasciarsi sopraffare dallo sconforto e dal senso della propria inadeguatezza. Non è un invito da lasciar cadere volgendo il capo dall’altra parte: nel corso della stessa Lezione citata sopra, Coleridge aggiunse che quando il poeta si accorge che l’enigma non è svelato, continuamente si dedica a risvegliare la propria sensibilità, volendo rendere splendente ciò che si è fatto logoro.

Coleridge era convinto che il poeta pone in attività tutta l’anima dell’uomo, non solo quella che risponde allo stimolo estetico, e diede una delle più esaustive e affascinanti definizioni del ruolo del poeta:

Un grande Poeta deve essere, implicite se non explicite, un profondo Filosofo. Può darsi che non divenga tale usando le categorie della logica, facendo ricorso soltanto al suo Cervello e alla sua Lingua. Ma lo diviene fidandosi dei suoi Sensi: per ogni suono e forma della natura umana deve avere l’orecchio di un Arabo intento ad ascoltare nel silenzio del deserto; l’occhio di un Indiano d’America che riconosce le impronte del nemico sulle foglie sparse nella foresta; il tocco di un Cieco che fa suo, tastandolo, il volto del figlio amato. (Lettera del 13 luglio 1802)

Immagini maliose, pensieri nuovi e ricchi di forza ispiratrice, un musica verbale che sa suggerire ciò che alloggia nelle stanze più preziose del mondo intellettuale: conoscere Samuel Taylor Coleridge è come aprire le porte celate della nostra dimenticata dimora, e seguire curiosi e trepidi gli spazi che ci sono svelati.

Questa voce è stata pubblicata in Senza categoria. Contrassegna il permalink.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *