Robert Browning

Ugo Gervasoni – Le voci dei maestri

Robert Browning

NPG 1898,Robert Browning,by Michele Gordigiani

(1812 – 1889)

In una mattina di sole del giugno 1860, al tempo della sua residenza in Italia con la moglie Elisabeth Barrett Browning, e con il figlio Pen allora di 11 anni, Robert Browning fu spinto dalla possente mano del caso in un affollato mercato di anticaglie di Piazza San Lorenzo a Firenze. Sostò davanti a una bancherella ricolma di articoli di seconda mano e tra i tanti oggetti in esposizione fu attirato da un vecchio libro che conteneva la documentazione di un sensazionale processo per assassinio che era stato celebrato a Roma nel 1698. Il poeta era allora giunto alla piena maturità intellettuale ed artistica, la sua curiosità per i labirinti della psicologia umana era ormai sorretta da uno sguardo sicuro: in quel brogliaccio rilegato in tela gialla si narrava di un fosco crimine che aveva coinvolto il conte Guido Franceschini, nobile decaduto dalla meschina personalità. Aveva sposato la giovane Pompilia Comparini confidando nella sua dote, poi l’aveva assassinata, insieme con i genitori di lei, per una presunta relazione extra-coniugale con il giovane prete Giuseppe Caponsacchi. Era una storia squallida e macabra che, nelle parole di Thomas Carlyle, altro grande scrittore vittoriano, si poteva raccontare in dieci righe per poi dimenticarla.

Ma in quei fatti crudi e cristallizzati dal tempo, Browning vide l’oro che, combinato con il materiale della sua arte, poteva risultare in un gioiello, l’anello metaforico che è nel titolo dello stupefacente sforzo artistico del nostro poeta: The Ring and the Book, (L’anello e il libro, in italiano) un lunghissimo poema in decasillabi sciolti (il blank verse divenuto famoso nelle opere di William Shakespeare), ventiduemila versi che occuparono Browning dal 1865 al 1868.

Robert Browning non era allora famoso, era piuttosto conosciuto, se qualcuno lo menzionava, come il marito della poetessa Elizabeth Barrett, più nota e più stimata del marito nell’ambiente letterario del XIX secolo. Pur avendo già pubblicato il grande libro Men and Women, una serie di monologhi drammatici di altissima qualità (tra cui si ricordano almeno Fra Lippo Lippi, Andrea del Sarto, e la straordinaria epistola dell’immaginario Karshish, che scrive all’amico Abib di avere incontrato a Gerusalemme uno strano individuo, di nome Lazzaro, che sostiene che trent’anni prima un suo amico lo resuscitò da morte), l’accusa che lo perseguitava era quella di essere oscuro, troppo oscuro per essere letto con profitto. Anche oggi non è molto frequentato: soltanto i pochi volonterosi che si avventurano tra i versi del breve monologo drammatico My Last Duchess possono forse intuire, nella cupa vicenda che esce dalla bocca della voce narrante, il fosco duca di Ferrara Alfonso II d’Este, il forte fascino poetico e l’indubbia profondità dell’intuizione psicologica di Browning. Ma lo sforzo per comporre The Ring and the Book doveva essere compiuto, anche se al suo creatore non sarebbero giunti elogi o commenti gratificanti.

the ring and the book

(Autografo della prima pagina del poema)

Il poema, diviso in dodici libri, racconta e commenta e depreca o cerca di giustificare o condanna l’accaduto nelle diverse voci di chi perpetrò il crimine, di chi ne fu vittima, di chi ne fu testimone, dell’attonita gente di Roma, degli avvocati della difesa e dell’accusa, del papa che pronunciò la sentenza finale. Il conte fu giustiziato insieme con i suoi complici.

Per mezzo dei monologhi drammatici che compongono il volume, Robert Browning fa tornare alla vita fatti e personaggi, psicologie, astuzie, crudeltà, patimenti: la materia inerte torna a respirare, il quadro si anima, la natura umana si svela nei suoi più reconditi anfratti. Come nei romanzi dei grandi scrittori, la commedia e la tragedia degli uomini e delle donne che si amano e si odiano e si combattono e non si comprendono, si organizzano in una nuova rappresentazione che si apre alla nostra comprensione, alla nostra pietà, al nostro perplesso giudizio:

Romana Homicidiorum’ – no,

Meglio tradurre – ‘Un caso di assassinio a Roma:

Stato dell’intera causa criminale

Di Guido Franceschini, nobiluomo,

E altri quattro sicari al suo soldo,

Giudicati, tutti e cinque, colpevoli e mandati a morte,

Decollazione o impiccagione secondo il rango sociale,

In Roma addì 22 Febbraio

Dalla nostra redenzione 1698:

Ove si contende se, e quando,

I mariti possano sbarazzarsi delle mogli infedeli, e scampare

La meritata punizione.’

Non può non colpire la quasi sovrumana dedizione di Robert Browning alla scrittura di un poema lungo e difficile e oneroso, senza cedimenti o momenti di scoramento di fronte alle tante critiche e alla mancanza di successo popolare. Si mantenne intento a formare un’opera che ampliasse la sua e la nostra conoscenza delle cose della vita e della morte.

Siamo abituati ad un mondo i cui ritmi consumano fatti e persone in tempi brevi, ciò che è di moda oggi non lo sarà domani, la distrazione impera, l’unità di intenti è divenuta un pallido ricordo, forse anche meno. Eppure la concentrata continuità di sforzo è la sola possibilità che ci è concessa di rendere quanto più possibile complete le nostre esperienze, per lasciare di noi stessi un segno chiaramente tracciato e riconoscibile, che non si sfrangi tra la confusione cacofonica di tanti frammenti che stridono e strillano per qualche tempo e poi si sgretolano e tacciono per sempre.

“Fatti non foste a viver come bruti,” l’Ulisse di Dante esortò i suoi compagni prima del folle volo, “ma per seguir virtute e canoscenza.” Siamo grati a Robert Browning che ce l’ha ricordato, nel tono inimitabile della sua voce.

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