Oscar Wilde

Ugo Gervasoni – Le voci dei maestri

  Oscar Wilde

wilde

(1854 – 1900)

Oscar Wilde è soprattutto noto come il più brillante fustigatore della tarda età vittoriana. Ammantato della sgargiante esuberanza delle sue vesti e del suo ingegno, lo si visualizza con facilità nei salotti esclusivi del suo tempo, elegante e raffinato e sempre pronto ad eccitare ammirazione ed invidia, autentico ragazzo terribile di quella società.  Memorabile, e tipica del personaggio che amava interpretare ed essere, la risposta che diede all’ufficiale della dogana al suo ingresso negli Stati Uniti: ” Non ho niente da dichiarare, eccetto il mio genio.”

Piuttosto a sproposito si cita il Ritratto di Dorian Gray come il suo capolavoro. E’ in realtà un’ opera derivata e, in diverse parti, noiosetta. Invero è il tentativo di ricreare nella letteratura inglese ciò che Joris-Karl Huysmans aveva fatto qualche anno prima in Francia, allorchè immaginò l’eroe nevrastenico Des Esseintes, protagonista del notevole romanzo decadente  A rebours.  A giudicare Dorian Gray secondo uno dei precetti critici preposti al romanzo dallo stesso Wilde, in una prefazione che è il manifesto dell’estetismo britannico, – “Non esistono libri morali o immorali. I libri sono scritti bene o scritti male” – forse l’opera farebbe un poco di fatica a passare l’esame.

Di Wilde si cita spesso, e con piacere, la produzione aforistica (“L’istruzione è una cosa ammirevole. Ma di tanto in tanto è bene ricordare che nulla che valga la pena di conoscere può essere insegnato”; “L’amicizia è più tragica dell’amore. Dura di più” “Il tempo è uno spreco di denaro”), insieme con  quella drammatica, nella forma quasi esclusiva di The Importance of Being Earnest (una possibile resa italiana potrebbe essere: L’importanza di essere Franco, in cui aggettivo e nome proprio cercano di echeggiare da lontano la polisemia dell’originale). E’ una delicata bubbola della fantasia che però  insegna, come si espresse a proposito l’autore, “che dovremmo trattare tutte le cose frivole della vita seriamente, e tutte le cose serie della vita con sincera e studiata frivolezza”. Con queste  opere si esaurisce generalmente l’impatto di Oscar Wilde, che per molti avviene e si consuma nelle aule delle scuole. Se va bene, si ricorda ancora qualche passo di De Profundis, la lunga accorata epistola scritta  nell’ isolato, umiliante abbandono del carcere, eroico tentativo di capire quanto gli era successo; ed alcune strofe della Ballata del carcere di Reading, struggente poesia sull’orrore della prigione e della pena di morte. Wilde ne ebbe straziante, personale esperienza in seguito alla condanna a due anni di lavori forzati per omosessualità. Quando il poeta ricorda il prigioniero condannato a morte perché uccise la propria amante, i suoi versi toccano l’essenziale, e fanno vacillare le nostre certezze:

            Ma ogni uomo uccide l’oggetto d’amore,

               Che tutti lo intendano,

            Alcuni uccidono con un’occhiata cattiva,

              Altri con una parola adulatrice,

            Chi è vile uccide con un bacio,

              Il coraggioso con la spada!

 Rimane esclusa per tanti lettori potenziali la parte che mi pare la migliore di Oscar Wilde, quella di saggista, che brilla in pezzi di splendida acutezza di ingegno, quali Il critico come artista, La decadenza della menzogna, e, gioiello sopra tutti, L’anima dell’uomo sotto il socialismo. In quest’ultimo saggio l’intelligenza frizzante di Oscar Wilde è posta al servizio di una profonda analisi dei temi essenziali che toccano ogni uomo nella veste di individuo singolo e di membro della società. Quanto più il tono della trattazione è provocatorio e spumeggiante, lontano come più non si potrebbe dal greve incedere del predicatore, tanto più le verità che vengono scoperte si imprimono nell’animo del lettore, e si  prova un senso di gratitudine nei confronti dell’autore, il cui pensiero sconcerta pressoché ad ogni riga, e ci costringe a ripensare tanti superficiali significati che accettavamo senza discussione.

Le osservazioni più sconvolgenti sono presentate come ovvie da Oscar Wilde, che ne svela la vera, inquietante portata grazie a  una ferrea e divertita logica: la carità crea una moltitudine di peccati, così come il peggiore schiavista è colui che tratta con amore i propri schiavi. Solo sotto il socialismo, argomenta l’eretico Wilde, potrà essere attinto il vero individualismo, perché allora nessuno sarà più deviato dalle cure estranee alla coltivazione della personalità, quali quelle necessarie al mantenimento delle gravosissime proprietà private: i veri beneficiari del socialismo, ne consegue paradossalmente, saranno dunque gli attuali capitalisti. Dovere e perfezione dell’uomo è vivere, la maggior parte della gente esiste, ecco il vero peccato. Il “conosci te stesso” dell’antichità diventerà “sii te stesso” che è il vero messaggio di Gesù, chiosa Oscar Wilde.

Alcune citazioni:

L’egoismo cerca sempre di creare intorno a sé l’assoluta uniformità di tipo, l’altruismo riconosce l’infinita varietà di tipo come cosa in sé stessa bella, l’accetta, vi consente e ne gode; chi pensa non è egoista; colui che non pensa col proprio cervello non pensa affatto…. Una rosa rossa non è egoista perché desidera essere una rosa rossa.  Sarebbe ferocemente egoista se pretendesse che gli altri fiori del giardino fossero tutte rose e tutte rosse.

Tutti sanno simpatizzare con il dolore; è la forma di partecipazione più a buon mercato… Tutti sanno simpatizzare con le sofferenze di un amico, ma ci vuole un’anima molto bella – ci vuole l’anima di un vero individualista – per simpatizzare con il successo di un amico.

E’ in intuizioni come queste che splende il più onesto e il più sorprendente Oscar Wilde, l’artista compiuto che sa comunicare perché ha saputo pensare con pulizia. Leggendole e meditandole si comprende infine l’acutissima considerazione dello scrittore argentino  Jorge Luis Borges nel suo bel libro di saggi letterari, Otras Inquisiciones, pubblicato nel 1960: ci accade di osservare qualcosa di insospettato dopo che la frequentazione di Oscar Wilde è cresciuta con gli anni, cioè “il fatto verificabile ed elementare che Wilde, quasi sempre, ha ragione.”

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