La Bellezza

Ugo Gervasoni – Le voci dei maestri

La Bellezza

Venere botticelli

(For I forget myself. I do indeed

Before each genuine beauty –

Invero mi scordo di me stesso. Così mi accade

Di fronte ad ogni genuina bellezza –

Delmore Schwartz)

La bellezza, che ora in una veste ora in un’ altra ora senza veste seduce e guida i sogni dei mortali, ha una sua voce dolcissima, dalle infinite tonalità, che lancia i suoi richiami maliosi e irresistibili all’orecchio e all’occhio intellettuali. Ne evocò la sovrumana magia Omero, creando l’episodio immortale di Odisseo che si fa legare all’albero della nave per intendere il canto delle sirene. Quei richiami scendono per lenti gradi fino ai sensi fisici, i quali anch’essi sono rapiti nella contemplazione che in qualche modo nobilita la brama tattile e passionale che li fa ardere: il desiderio dell’unione corporale con la creatura verso la quale Amore ci fa tendere è, potremmo dire, la veste materiale e pulsante dell’ansia di infinito che la bellezza ci soffia dentro, la struggente aspirazione a varcare i limiti ristretti della propria persona, per assaporare un frammento della totalità, di quell’assoluto oltre la coscienza individuale che è nostalgia dell’eterno, del divino.

Platone fu colui che creò il mito più potente che getta luce su questo arcano: nel Fedro Socrate pronuncia il grande discorso sulla immortalità dell’anima presentandola come “una forza per sua natura composta di un carro a due cavalli e di un auriga.” Ogni anima perfetta vola in alto, godendo della contemplazione delle idee nel loro stato puro; se perde le ali, però, l’anima viene trascinata verso il basso, si aggrappa a ciò che è solido, si rinchiude in un corpo che ha natura terrosa, diviene vivente, acquista il soprannome di “mortale”. Ma il ricordo della bellezza intravista non si cancella. Le anime migliori, vedendo la bellezza del mondo, rammentano la vera Bellezza, rimpiangono le ali che le porterebbero lassù, si consumano guardando costantemente verso l’alto, come fossero in preda ad una esaltazione trasumanante, non possono rimanere più in sé. Un trasporto irresistibile, che chiamiamo amore, trascina l’anima verso la bellezza del mondo; scorgiamo un volto, un aggraziato gesto: in essi risplende, velata nella materia, la luce divina; Amore ha il potere di fare rinascere le ali all’anima ansiosa e palpitante, che non si curerà più di altro che di tendere verso la bellezza, perché ricchezze, onori, commerci non hanno ormai più valore. Ezra Pound fissò in parole definitive la rivelazione che può coglierci in qualunque istante, e che ci toglie dalla assopita o torpida ripetizione delle azioni usuali nella quale si consumano le nostre giornate. Scrisse, nella brevissima poesia In a Station of the Metro/ In una stazione del metro,

The apparition of these faces in the crowd;

Petals on a wet, black crowd.

Lo svelarsi di questi volti nella folla;

Petali su umido, oscuro ramo.

Credo che l’indimenticabile mito platonico spieghi, come meglio non si potrebbe, uno degli aforismi di Oscar Wilde che più sconcerta il lettore: nella Prefazione a Il ritratto di Dorian Gray, il grande autore irlandese umiliato e offeso dalla società da lui fustigata, scrisse: All art is quite useless/Tutta l’arte è completamente inutile. Come può un artista sostenere tale posizione così apparentemente assurda, quasi svilisse la sua vita e l’opera sua? Per amore della provocazione? Se si ricorda l’osservazione critica che ho riportato in chiusura dell’articolo su Oscar Wilde, nella quale il poeta argentino Jorge Luis Borges nota come Wilde, quasi sempre, ha ragione, la risposta si affaccia con cristallina chiarezza: l’arte è perfettamente inutile perché l’arte è manifestazione della bellezza, eco arcana e stupenda della Bellezza intelligibile, pertanto è del tutto inutile nel mondo del commercio umano, indaffarato a fare quadrare i bilanci tra le colonne del dare e quelle dell’avere. Quando l’anima eletta ritrova le ali e volge lo sguardo al cielo, le cure del mondo si scancellano e tacciono, il conforto ultimo è raggiunto, il senso è finalmente ritrovato: nel tutto è la vita che non ha bisogno di domande e di risposte.

Fu un poeta americano, purtroppo ignoto al pubblico italiano, a cantare con la voce più convinta e sicura la bellezza delle cose, nel nostro tempo. Robinson Jeffers visse tutta la sua vita adulta sulla costa della California centrale, costruì la sua casa con le proprie mani usando le pietre dell’oceano, seppe conservare per tutti i suoi anni lo stupore che coglie di fronte alla meraviglia delle onde, delle rocce, dei falchi, del sole, delle stelle. Seppe vivere come un ospite del pianeta, che è conscio dell’onore ricevuto allorché, nascendo, fu accolto nel grande e venerando e terribile sistema delle cose. Pensava che l’uomo, purtroppo, è un intruso nel magnifico affresco della bellezza: piccolo, stonato, maligno. Le misere peculiarità di questo mammifero bipede pare siano, soprattutto, quelle di accumulare e di rovinare. Se hai fatto caso, lettore, al deprimente spettacolo che sempre più spesso offrono le nostre città soffocate da inquinamento e disarmonia, se ti è mai capitato di sentirti ferito rinvenendo rifiuti che non si decomporranno facilmente mentre percorrevi un sentiero nel verde, cercando di cogliere la musica di un bosco o di un ruscello, i versi seguenti della poesia La bellezza delle cose di Robinson Jeffers faranno risuonare qualcosa nel tuo animo. Per te l’ho tradotta:

La bellezza delle cose

Sentire e dire la sbalorditiva bellezza delle cose – terra, pietra e acqua,

Animale, uomo e donna, sole, luna e stelle –

L’esuberante bellezza della natura umana, i suoi pensieri, frenesie e passioni,

E della natura non umana la realtà gigantesca –

Perché l’uomo è come un sogno; l’uomo, si potrebbe dire, è il sogno della natura, ma la roccia

E l’acqua e il cielo sono immutabili – sentire

Con forza, e capire con forza, ed esprimere con forza, la bellezza

Della natura, è l’ unico compito della poesia.

Il resto è distrazione: i sentimenti nobili o santi, le idee complesse,

L’amore, la sensualità, il desiderio: ragioni, ma non la ragione.

Big_Sur_

(Terra e mare  a Big Sur, California)

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